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Il bergamotto di Reggio Calabria, l’agrume delle meraviglie

Pubblicato il: 13 Novembre 2020

A metà tra prodigio e leggenda il bergamotto di Reggio Calabria negli ultimi anni ha conosciuto, anzi riconquistato, il prestigio che merita.

Da quasi sconosciuto a ricercato “frutto della salute”, è un agrume dall’aroma inebriante, le molteplici proprietà salutistiche e una storia affascinante.

Ha la forma di un’arancia, è di colore verde che diventa giallo quando è maturo. Cresce e fruttifica solamente lungo 150 km di costa che da Villa San Giovanni va verso il Mar Ionio in provincia di Reggio Calabria e la qualità migliore si esprime in quella che è la punta estrema d’Italia, la zona attraversata dalla fiumara dell’Amendolea.

Proprio in questa vallata dal paesaggio incantato ha sede l’azienda della mia famiglia che da quasi un secolo produce bergamotto. Quella di questo agrume, a differenza delle altre colture, un tempo non era semplicemente un’attività agricola, ma più esattamente una questione di identità, di appartenenza, di cultura. Mio nonno, Carmelo Saverio Pizzi, medico e sindaco del paese di Condofuri, è stato presidente del “Consorzio del Bergamotto” negli anni ’60, ma delegava la gestione dei terreni a mia nonna, per tutti “Donna Gianna”, alla quale, posso affermare, scorreva bergamotto nelle vene.

Innumerevoli, nella storia, sono stati tentativi di piantare il bergamotto in altre parti del mondo ma non ha mai attecchito o comunque non ha mai dato frutti con le medesime caratteristiche organolettiche.

Basti pensare che contiene ben 350 molecole che ne determinano straordinarie proprietà mentre il suo più riuscito clone (in Costa d’Avorio per il 5% della produzione mondiale) ne contiene appena 80.

Le sue origini sono avvolte nel mistero, c’è chi dice provenga dalla Cina, chi dalla Spagna e chi dice sia arrivato con Cristoforo Colombo ma l’ipotesi più accreditata è che sia un incrocio locale di arancio amaro e limetta, tesi avvalorata dal fatto che se si piantano i suoi semi non nasce un bergamotto ma un arancio amaro.

Anche l’origine del suo nome è incerta, l’etimologia più verosimile è “Begarmundi”, parola turca che significa “pero del signore”.
Quel che è certo è che la sua fortuna è dovuta all’olio essenziale che si estrae dalla buccia e che si utilizza prevalentemente nell’industria profumiera, il cui profumo incantò già nel diciassettesimo secolo Luigi XIV, Re Sole, che lo faceva spargere per tutta la Reggia di Versailles.

Qualche decennio dopo l’essenza di bergamotto diviene il componente principale della celebre Acqua di Colonia, il profumo più usato dall’aristocrazia e dall’alta borghesia internazionale del 1700. Tutt’oggi è un componente fondamentale dei profumi di alta gamma, non solo per l’aroma ma soprattutto per la sua capacità di fissare e armonizzare tutti i sentori di un profumo.

La sua coltivazione ha costituito un’importante fonte di reddito per i produttori di Reggio Calabria che fino agli scorsi anni ‘80 hanno goduto di questa unicità.
Dopo questo periodo sono seguiti molti anni di crisi causati prima dall’industria edilizia e poi dall’introduzione di molecole sintetiche nella formulazione dei profumi.

In quegli anni quasi tutti i produttori hanno espiantato le coltivazioni, ma nella mia famiglia questa possibilità non era considerata, significava privarsi di un figlio, di una parte di sé e poco importava se c’era da rimetterci.

Dagli anni 2000 c’è stata una svolta, grazie alla costituzione di un consorzio di tutela, alla ricerca scientifica e ad una più razionale politica economica, la coltivazione del bergamotto, anche se non agli antichi fasti, è tornata ad essere remunerativa.


Lo straordinario bergamotto ha infatti diverse proprietà medicamentose che da sempre si conoscono empiricamente nelle zone di produzione.

I contadini, un tempo, durante la raccolta si accorgevano che eventuali tagli sulle dita si rimarginavano velocemente e infatti il bergamotto ha proprietà cicatrizzanti, i luoghi di lavorazione erano salubri e infatti ha proprietà antisettiche, si narra che durante l’epidemia di peste del 1914 a Reggio Calabria gli unici a non ammalarsi furono i lavoratori della fiera agrumaria e infatti il bergamotto è un potente antibatterico che viene utilizzato come disinfettante in molti detergenti, per non sottovalutare le proprietà energizzanti e antidepressive del suo profumo spesso usato in aromaterapia.

Ma la vera svolta che negli ultimi anni lo ha promosso a “super food” è stata la conferma scientifica di quelle che sono le proprietà del suo succo (che era uno scarto della lavorazione), ossia la capacità di abbassare i livelli di colesterolo nel sangue, di tenere sotto controllo trigliceridi e glicemia e regolare l’accumulo di grasso nel fegato oltre ad essere una fonte concentrata di vitamine.

La premuta di mezzo bergamotto al giorno, magari diluita con del succo di mela per bilanciare l’amaro se il frutto non è completamente maturo, è un vero toccasana.

Da prodotto destinato esclusivamente all’industria dei profumi quindi, negli ultimi anni, lo possiamo trovare dal fruttivendolo o nel reparto ortofrutta del supermercato, sia in Italia che all’estero.

Nel corso della sua storia l’uso in cucina del bergamotto ha sempre riguardato solo una piccolissima parte della produzione. Le prime tracce si hanno nel ‘500 quando durante un banchetto in onore dell’imperatore Carlo V d’Asburgo vennero offerti dei bergamini confetti, cioè scorze candite di bergamotto.

Un secolo dopo il siciliano Francesco Procopio de’ Coltelli (che lo fece arrivare alla corte del Re Sole) fondò a Parigi il più antico “caffè” del mondo, il Café Procope (tuttora esistente), in cui si servivano granite e sorbetti al gusto di bergamotto.

Nella prima metà dell’800 il bergamotto presta il suo aroma al tè più famoso del mondo, l’Earl Grey Tea, prodotto dall’azienda inglese Twining, che altro non è che tè nero aromatizzato al bergamotto.

Finché a partire dagli anni ’90 alcuni pionieri dell’uso alimentare del bergamotto iniziano a promuoverlo come ingrediente in cucina e in pasticceria riscuotendo piccoli ma grandi successi, soprattutto fuori dalla Calabria (forse perché nella sua terra natia era più difficile abbandonare l’idea del suo uso esclusivo in profumeria o perché qui il tipico gusto amaro ha spesso costituito un deterrente). Nei decenni scorsi è stato utilizzato nelle cucine dei più grandi chef italiani, che spesso facevano fatica a reperirlo, e oggi è apprezzatissimo ovunque.

Ma dove e come possiamo godere del gusto intenso ma delicato del bergamotto?
Sicuramente a Reggio Calabria, dove oggi è entrato di diritto nelle pasticcerie ad aromatizzare creme che farciscono torte, bignè o babà. Si sposa benissimo con la mandorla nelle tipiche paste di mandorle, può essere il gusto di un gelato, un sorbetto che spezza il pasto o, d’estate, una granita. Se ne fa un liquore, il bergamino, o una dissetante bibita gassata. Lo ritroviamo come componente di amari prodotti localmente e dà un tocco di freschezza al tè, sia caldo che freddo. E ancora se ne producono caramelle, cioccolatini, marmellate, scorzette candite o mieli aromatizzati.

Dal fruttivendolo lo troviamo prevalentemente da novembre a marzo, che è il periodo della raccolta, e direi di non farselo sfuggire.

Oltre che per la “premuta della salute”, il frutto fresco è perfetto per marinare il pesce, la carne o la cacciagione, è ottimo per un risotto e per sfumare le scaloppine o ancora, grazie alla sua amarezza che ben bilancia gli zuccheri, è un ingrediente vincente in dolci, gelati, marmellate e liquori fatti in casa.

Per evitare l’eccesso di amaro è preferibile utilizzare il frutto maturo o comunque dosarlo attentamente, darà sicuramente un tocco di classe ad ogni piatto. E se siete amanti della mixology il succo di bergamotto si presta alla creazione di affascinanti cocktail.

Ma non è finita qui: quest’agrume delle mille sfumature è anche un prodotto dell’artigianato locale, la buccia, privata della polpa ed essiccata, viene utilizzata per creare graziosi oggetti il più rappresentativo dei quali è la tabacchiera, un piccolo contenitore che un tempo veniva utilizzato per conservare ed aromatizzare il tabacco da pipa.