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Aspromonte: tutto quello che non ti aspetti!

Pubblicato il: 13 Settembre 2021

Si parla e si mangia greco antico, non solo nelle osterie ma anche nelle case, in alcune zone dell’Aspromonte. La geografia dello stivale qui ci abbandona perché si devono percorrere curve, strade sterrate e gole tra le montagne per arrivare in posti bellissimi ma lasciati al proprio destino. Qui la potenza della natura è disarmante, il richiamo dell’essenziale, inteso come quel poco che serve per essere felici, è prepotente, i sapori sono i più veri e la solitudine è una dimensione esistenziale, non una depressione moderna. Perché l’Aspromonte è tutto quello che non ti aspetti, a partire dal suo nome che potrebbe significare “monte aspro” e invece significa l’esatto contrario, montagna bianca, quindi candida, dal grecanico “aspro” che significa, appunto, bianco.

E all’interno del Massiccio dell’Aspromonte sorge il “Parco Nazionale dell’Aspromonte”, che ingloba 37 comuni in provincia di Reggio Calabria, il cui territorio è caratterizzato da una grande diversità paesaggistica, da peculiarità geo-ambientali e dalla presenza di interessanti realtà storico-culturali che hanno fatto sì che, proprio da quest’anno, grazie al fondamentale lavoro del team del “Geopark Project” guidato dalla dr.ssa Sabrina Santagati, il “Geoparco dell’Aspromonte” fosse inserito nella rete mondiale dei geoparchi curata dall’UNESCO.

E in un sito straordinario come questo brilla una stella. Una Stella Michelin. Quella di Nino Rossi, chef e padrone di casa del “Qafiz”, gioiello a quattro tavoli della ristorazione italiana. Cucina d’autore in una villa di fine Settecento immersa negli ulivi a Santa Cristina d’Aspromonte (RC) che fa di Nino un “ambasciatore” d’eccezione del gusto e dell’ospitalità di questo geoparco. 

“La ristorazione in Aspromonte sta cambiando volto- ci racconta lo chef- in quanto, nonostante ci siano pochi interpreti, quelli come me hanno capito il valore di questo territorio. Un territorio che fin dalle sue pendici, la Porta del Parco, dà la possibilità, grazie ai suoi boschi di faggi e abeti e per il fatto che è fortemente incontaminato, di accedere ad ingredienti magnifici che vanno al di là di quelli stagionali come i funghi.

Noi abbiamo un focus sull’alimurgia, ossia l’arte di raccogliere ed utilizzare in cucina erbe spontanee commestibili. Abbiamo scoperto che in Aspromonte c’è veramente di tutto. Tante cose da interpretare e portare in tavola con la giusta veste e che richiamano le usanze e le tradizioni. Per esempio la capra, Il maialino nero, i formaggi caprini che spesso provengono dall’Area Grecanica e ancora i legumi e altri prodotti d’eccellenza al di là di quello che offrono i boschi.”

“Inoltre -continua Nino Rossi- me piace interpretare il fatto particolare che in Aspromonte la connessione tra mare e montagna può avvenire in un breve lasso di tempo, dalle nostre alture si vede il mare e in mezz’ora si passa da Bagnara a Melia di Gambarie. E questa è una cosa unica, un passaggio repentino che interpreto contaminando pietanze strettamente aspromontane con ingredienti che vengono dal mare.”

E parlare di cibo in Aspromonte equivale a raccontare semplicità ed abitudini. 

Non si sbaglia, infatti, a pensare ad una pasta al sugo, un po’ di vino, ai dolci della tradizione, fatti in casa e dati in dono, o ai salumi e ai formaggi artigianali. Perché questo è un posto umile, in cui la cucina è tradizione e valore ma soprattutto amore.

“Mangiasti?”, che in dialetto sta per “Hai mangiato?”, non è una semplice domanda. È l’essenza dell’amore incondizionato, è (per rubare le parole ad Elsa Morante) “la domanda che esprime al massimo un sentimento”. Offrire del cibo qui ha davvero un valore sacro. L’ospite è sempre accolto e venerato tant’è che rifiutare un invito è quasi un sacrilegio se non, senz’altro, una scortesia.

Quello che si porta a tavola a queste latitudini, in realtà, è l’immenso valore culturale, il preziosissimo patrimonio immateriale e l’inestimabile ricchezza umana, qualcosa che va oltre il semplice mangiare. È nutrirsi o, più precisamente, nutrire l’anima. 

E lo si può fare solo con una cucina semplice e gustosa. La maggior parte dei piatti infatti è realizzata con ingredienti a “vero chilometro 0”, le porzioni sono sempre abbondanti e si rischia di essere già sazi al termine degli antipasti, decine di piatti di specialità diverse che, come detto sopra, non si possono rifiutare.

E qui mi piace raccontare un aneddoto personale, essendo io una donna di questa terra e più precisamente dell’Area Grecanica. Mio nonno, la casa del quale era sempre piena di gente, non mancava mai di avere a portata di mano qualche bottiglia di un liquore che si chiama “Niente”, da servire a chi alla domanda “Che vi posso offrire?” rispondeva, appunto, “Niente, grazie”. La sorpresa di chi si trovava davanti un bicchierino di questo liquore è la stessa di chi si ritrova a godere dell’ospitalità quasi imbarazzante degli abitanti delle terre d’Aspromonte.

I pasti tipici di queste zone sono, tra gli antipasti, i salumi locali, spesso di Suino Nero di Calabria, capicollo, pancetta, soppressata, i formaggi, di capra e di pecora, i legumi di ogni tipo come i fagioli o la cicerchia, i funghi, porcini o “rositi” che siano, le olive sott’olio o “schiacciate”, le frittelle e le polpette di ogni tipo, di verdure o di carne, e ancora la ricotta fresca, i peperoni ammollicati, i carciofini selvatici, le melanzane o i pomodori secchi sott’olio, le verdure grigliate o impanate.

Ogni menù prevede, oltre a zuppe di stagione cucinate interamente con prodotti dell’Aspromonte e condite con olio extravergine d’oliva, magari da “ottobratica”, la pasta fresca fatta a mano, per intenderci  i “maccarruni”, bastoncini di acqua e farina abilmente arrotolati intorno ad un sottile stelo legnoso.

Il sugo può essere semplice ma anche di carne, rigorosamente di maiale o di capra che viene servita anche come secondo in alternativa o insieme ad una grigliata mista di maiale o di vitello.

Sembra quasi superfluo specificarlo ma il pasto è sempre annaffiato da un bicchiere, o forse più, di vino che da queste parti può essere un “Palizzi” o un “Pellaro” o un “Bivongi” se non uno straordinario passito come il “Greco di Bianco”. 

E per digerire? Senz’altro un bicchierino di bergamino, il liquore al bergamotto, agrume che si produce solo qui, per non parlare degli amari a base di alloro, liquirizia e finocchietto,  di questo lembo di terra che da qualche anno spadroneggino ovunque.