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Continua il viaggio nei sapori calabresi

Pubblicato il: 9 Marzo 2021

Riprendiamo l’avvincente viaggio nel gusto e nei sapori calabresi e questa volta andiamo a mare, quasi un’affermazione scontata in una regione che vanta 780 km di coste bagnate dal Mar Ionio da un lato e dal Mar Tirreno dall’altro. Anche se, bisogna dirlo, la cucina calabrese è più una cucina di terra e la pesca è tipica solo di alcune zone costiere, tra queste Gioiosa Ionica e Roccella (RC), Soverato (CZ) Corigliano-Rossano(CS) e Cirò Marina (KR) sullo Ionio e Scilla e Bagnara (RC) o Vibo Marina (VV) sul Tirreno.

Ma prima di tuffarci tra le onde facciamo un salto a Mammola, paesino dell’entroterra sul versante ionico di Reggio Calabria che, cosa assolutamente singolare, è diventato la mecca del gusto per un prodotto che forse tanto locale non è ma è diventato identitario, il Pesce Stocco. A fare di questo prodotto, che arriva essiccato dai mari del nord, il re di queste zone è la miracolosa acqua delle sue fonti. E miracolosa lo è davvero se dico che nell’ultimo decennio nel borgo hanno aperto una quindicina di ristoranti che propongono solo piatti a base di stocco (in un paesino di poche migliaia di abitanti) e che sono assaliti ogni anno da migliaia di buongustai che arrivano da ogni parte del mondo. Il Pesce stocco ha trovato il suo habitat naturale anche nella dirimpettaia Cittanova (RC) nella piana di Gioia Tauro.

E adesso corriamo finalmente a mare.

Tra i prodotti ittici più rappresentativi e amati in Calabria c’è il pesce spada soprattutto quello dello stretto di Messina. La sua pesca ha una tradizione antica e affascinante e a Scilla (RC) e Bagnara (RC) da maggio a settembre si vedono in acqua le poche feluche ancora esistenti, imbarcazioni con una lunga passerella a prua e una torretta verticale di avvistamento alta fino a 25m, che sono il simbolo di questi borghi marinari.

Una volta pescato, “la morte sua” è arrostito col salmoriglio (un’emulsione di olio, limone, aglio, prezzemolo e un pizzico di sale, con tutte le varianti del caso come aceto pepe o origano) ma anche arrotolato ad involtino o in umido con pomodoro, olive e capperi.

E negli ultimi anni, il Panino col pescespada, da classico cibo dei pescatori e degli abitanti del luogo, è diventato un nuovo simbolo enogastronomico calabrese e delizia tutti i golosi che d’estate affollano Scilla e la splendida Chianalea (RC), uno dei “Borghi più belli d’Italia”.

Restiamo a mare e risaliamo la costa tirrenica di un centinaio di Km per tornare nel vibonese, qui il re è il tonno. Fino agli anni ’60 veniva catturato con l’antico rito della “mattanza” e la sua pesca ha caratterizzato l’economia di tutto questo territorio costiero fin dal XV secolo: la Tonnara di Bivona (VV), affascinante e decadente esempio di archeologia industriale, lo testimonia tutt’oggi.

La “Callipo”, eccellenza italiana del tonno sottolio, fondata nel 1913 è infatti una delle aziende più longeve del sud Italia e tra le migliori in assoluto fin da allora tanto da aver ricevuto il “Brevetto di fornitrice delle Real Casa” dai Savoia.

Il tonno prodotto spesso arriva sulle nostre tavole sott’olio ma è insuperabile fresco, per esempio crudo e tagliato a cubetti in una deliziosa tartare oppure appena scottato sulla piastra e accompagnato da cipolla stufata, ovviamente di Tropea.

Figlie del mare molto amate in Calabria sono anche le alici e le sarde, sott’olio o sottosale (che goduria se farciscono le “crispelle”, in alcune zone “zeppole”) mentre fresche diventano spesso tortiera o cotolette, stesso destino dell’appetitosa spatola (in Italia pesce sciabola) anch’essa tipica di questi mari. E voglio dedicare due righe al principe (per me) del mare calabrese, spesso una chimera, i delicatissimi “surici” (pesce pettine), lo dico al plurale perché uno non basta, fortunato è chi riesce a degustarli, rigorosamente fritti e da mangiare con le mani!

Dal mare all’orto…

La Calabria nell’immaginario collettivo ma soprattutto nella realtà è terra di conserve, la salsa di pomodoro (dall’antica tradizione di “fare le bottiglie”), sottoli, i sottaceti e le creme varie la fanno da padrone: pomodori secchi, melanzane, gli straordinari carciofini selvatici, i peperoncini anche farciti, le zucchine quelle lunghe e quelle “spinose”, le olive schiacciate o informate o la più classica giardiniera sono il prodotto ultimo della lavorazione dei tanti ortaggi calabresi che se non vengono destinati alla conservazione diventano polpette, frittelle, parmigiane o peperonate, vengono fritti, ripieni o ammollicati nelle più tipiche cucine regionali. Ma fatemi fare un piccolo elenco: le patate della Sila, il Pomodoro di Belmonte, la Melanzana Violetta di Longobardi, il peperone Roggianese, i peperoni (o zafarani) cruschi, gli asparagi selvatici, la portulaca e le altre erbe selvatiche che arricchiscono le zuppe… il massimo del “comfort food” se sono di legumi: la lenticchia di Mormanno, il fagiolo poverello bianco, l’antica cicerchia le fave o i ceci (che di solito fanno coppia con le lagane).

E non c’è zuppa o piatto calabrese che non è arricchito da spezie, semi e aromi che sorprendentemente in Calabria innalzano i parametri dell’intensità olfattiva: l’origano dal profumo inimitabile, il rosmarino o il prezioso cumino, l’anice nero rarissimo e ancora il finocchietto selvatico o il sambuco.

Un posto in prima fila lo meritano anche i funghi, della Sila del Pollino delle Serre o dell’Aspromonte poco importa, e negli ultimi anni la Calabria si è rivelata anche terra di tartufi profumati e pregiati che niente hanno a che invidiare a quelli di altre zone d’Italia.

E gli ortaggi camminano sempre a braccetto con la frutta, numerose sono le varietà tipiche della Calabria, come la pesca merendella, le prugne di Terranova Sappo Minulio, le ciliegie di Roseto Capo Spulico e ancora le more di gelso o il kiwi giallo ma, tra tutte, sul gradino più alto del podio ci sono i dolcissimi fichi, in primis il fico dottato di Cosenza igp. Non c’è zona della Calabria in cui i fichi non vengono essiccati, farciti di miele, ricoperti di cioccolato e utilizzati in tantissimi dolci della tradizione, di solito con miele e frutta secca, come nelle crocette o nei petrali. Gli altri due posti del podio (secondo me) sono occupati dall’annona, più unico che raro frutto reggino di origine tropicale, e dai fichi d’india, spontanei succosi e zuccherini.